Sonatina di mezza stagione

Quei vecchi cancelli di campagna che non separano più un qui e un là, che non precludono né introspezioni né invasioni…

Non hanno più nulla da incutere, se non una malinconica richiesta di conversazione, per togliersi la ruggine di dosso. Quelli con l’immancabile spago in nylon duro, sempre più cedevole attorno a un chiavistello corroso. Educatamente ricordano al passante di essere custodi di un Invisibile, o di un Infinito. Sono stargate per mondi fantastici, a stento trattenuti. Ce ne renderemo conto un giorno, quando un potente vento del nord li forzerà in un cigolio di cardini, liberando volti o gesti scordati. E quegli aggregati di anime e braccia (Donnafugata o Boncore, Obidos o Cieszyn) che credevi svaniti, lasciati alle spalle, ricominciano con una folla di visioni. 

Ecco il fantasma di un camminatore con il basco in testa. Gli è sufficiente la destrezza di un’unica mano, alla Humphrey Bogart, per accendere un fiammifero che dia vita a una Camel. Ecco il profumo grasso dell’olio tra le rughe di un fucile arrugginito. O del sego mescolato al cuoio di un paio di scarpe chiodate con le suole incrostate dalla terra dell’ultima caccia. Ecco il capo velato di una ventenne a cui la fatica e le gravidanze hanno raddoppiato l’età. E suoni di bambini vestiti come una volta che vengono fuori correndo da quella che prima era una stalla. 

Le vacche sono placidi orchestrali con i loro strumenti appesi al collo. Eseguono una sinfonia per distanze, pascoli e fili spinati. I filamenti di nebbia hanno il sapore di erbe calpestate che vorresti mangiare col pane caldo. Su un muretto a secco un poco crollato siede un vecchio che ha disposto i proverbi come in una libreria e ogni tanto ne sfila uno per fargli prendere aria. Una famiglia di 6 persone si sporge dal finestrino aperto di una 850 special per un pic nic del millenovecento ti ricordi. 

I vecchi cancelli di campagna fanno la guardia all’illusione di spazi e di decenni che ci sono appartenuti. Sono la diagnosi di un’inguaribile malinconia.

Finché per ultima arriva la nuova primavera, e insieme l’adolescente saggia del duemilaventidue che dirada correndo la nebbiolina del mistero, con la T-shrt corta che a ogni passo le scopre l’ombelico. Canticchia il motivetto del “qui ed ora” e finalmente si chiude alle spalle i vecchi cancelli di campagna.