– Pronto?… Tanti auguri, Willy.
– Anche a te, gemellone. Ti sento triste…
– Cosa vuoi che ti dica?… Mi mancano quegli assembramenti da 80.000 tifosi alla Philips Arena… E se devo dirtela tutta, anche quelle chiese affollate nelle notti che precedono la Pasqua.
– È stata una fortuna non aver mai giocato in uno stadio vuoto…
– In compenso ci è toccato vedere un Papa farsi due pasque da solo. Due Pasque cancellate da dentro il tempo, comprendi? Quanto durerà, ancora?
– Lo sa la Pfizer…
– Così non c’è la forza.
– Spiegami…
– La resurrezione. Perché sia vero, un prodigio così decisivo, che traccia il solco tra il Senso e l’Assurdo cosmici, dobbiamo raccontarcelo sotto le navate di una chiesa, in una notte ancora fredda di inizio primavera, scambiandoci nuvolette di fiato con dentro un “credo” e un “così sia”. Ecco, mi mancano le veglie notturne con padre Hans, gli amici che avevamo prima di perderli col pallone alla Onze Lieve Vrouwe Kerk. E mi mancano Annette, le ragazze del coro… Saranno invecchiate pure loro dietro al vecchio organista…
– Hai ragione. Ti dico di più: non è vero che la fede predilige la buia, silenziosa solitudine in fondo ad un atrio e un ventricolo. Le narrazioni per essere forza devono depositarsi in molte orecchie. Solo così finiscono nei cuori. Diversamente perdono sostanza, scolorano… muoiono.
– Gli stessi discepoli, dopo i tradimenti, i dubbi, le fughe e la tristezza si salutano e poi si ritrovano, intorno a un tavolo, a cena col maestro.
– Non voglio che non ci crediamo più. La Parola era al principio e anche alla fine. Ti piacerebbe risorgere e ritrovarti da solo?
– Anche io, senza di te, non sapevo giocare a pallone. Per fortuna la separatezza è sconosciuta a chi ha un gemello. Con te riuscivo a credere che una volta o l’altra dall’uovo di Pasqua sarebbe perfino uscita la Coppa del Mondo!
– Bisogna resistere e continuare a credere.
– E a rompere le uova!
– Bravo.
– Non lo apro l’uovo. Aspetteró che tu ritorni a Helmond. Voglio alzarla insieme a te quella Coppa!